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La nostra storia

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Riforma e cultura

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Presso il nostro Centro venerdì 27 novembre, ore 18.00, Andrea Vestrucci (ricercatore in Teologia presso l’Università di Ginevra) parlerà su «Riforma e cultura. Lutero: chiarezza della Scrittura, mistero della Parola» .

La fine del Medioevo è segnata dall’emancipazione dell’uomo, anche nell’ambito della teologia. E la Riforma cade proprio in tale frangente storico, segnando in modo determinante anche il passaggio dall’unità al pluralismo della cultura e ‘incontrandosi’ a metà strada con l’Umanesimo.

Qualcuno ha definito la Riforma “figlia di Gutenberg”. E in effetti, i suoi mezzi espressivi possono essere ridotti a due: la parola e il libro. Lutero stesso parlava dell’arte della stampa come “l’ultimo dono di Dio e il più grande. Per suo mezzo, infatti, egli vuol fare conoscere la causa della vera religione a tutta la terra, sino ai confini del mondo”.

Con l’evento epocale nella Germania del 1517 viene a crescere il bisogno di libri di uso corrente: bibbie, catechismi, salteri, libri liturgici, trattati teologici. Intorno alle Scritture prende vita e si sviluppa un mercato editoriale di vaste proporzioni: la sola Bibbia di Lutero (con essa nasce il tedesco moderno) conosce più di circa 400 ristampe fra il 1534 e il 1546. Per la Ginevra di Calvino, il discorso non è tanto diverso.

Accanto al libro, scuole (Lutero stesso preme sulle autorità in direzione di una scolarizzazione obbligatoria capillare; la prima riforma scolastica si ha nel 1526 a Norimberga), Università (la prima evangelica viene fondata a Marburgo da Filippo d’Assia [1526]), Accademie (a Ginevra nel 1559, l’attuale Università, per opera di Calvino); Filippo Melantone lega la propria figura di umanista all’Europa (carteggi, scritti filosofici, grammatiche e testi scolastici, rapporti con le maggiori personalità della cultura del tempo); Calvino entra in corrispondenza epistolare con le corti di mezza Europa.

Tutto ciò, partendo dal principio del sola Scriptura: la parola di Dio, contenuta nella Bibbia, implica una vivissima sensibilità per la vita pubblica, verso cui fin dall’origine le Chiese della Riforma si sono sentite debitrici dell’evangelo.

Un discorso sfaccettato dal quale emerge, gigantesca, la vulcanica figura di Lutero; il quale, con la sua Bibbia (1534) opera uno sforzo di traduzione, che
non è solo linguistico, ma soprattutto teologico.