Una prefazione che è già un saggio
Nella prefazione a Timidi cristiani di Sabina Baral, Paolo Ricca sceglie un tono ironico e riflessivo, definendo l’opera un pamphlet — un termine colto, dal sapore polemico ma non aggressivo. Fin dalle prime righe si affida a una captatio benevolentiae, ovvero una tecnica retorica volta a conquistare la simpatia del lettore. Ma è soprattutto attraverso una metafora potente — quella dell’intreccio tra Cristianesimo ed Europa — che Ricca costruisce il quadro entro cui collocare il libro.
Sceglie di parlare di Cristianesimo, evitando il termine più controverso di Chiesa, e lo mette in dialogo con il concetto di Europa, non solo come entità geografica, ma come spazio culturale e politico. Una scelta che amplia immediatamente il raggio d’interesse: non solo per chi crede, ma anche per chi “tiene all’Europa e al suo futuro”.

Un discorso che si distacca dal libro?
Nel suo intento, Ricca riesce pienamente: introduce il libro offrendo al lettore una chiave di lettura ampia e inclusiva. Tuttavia, chi legge Timidi cristiani potrebbe accorgersi che l’autrice percorre un’altra direzione. Da qui nasce una domanda: che cosa sceglie di leggere Ricca nel testo di Baral?
Il teologo individua — e valorizza — un intreccio storico e simbolico tra Cristianesimo ed Europa. Un legame che, a suo avviso, riguarda ogni cittadino europeo, credente o meno. Tuttavia, questo sguardo geopolitico non è esplicitamente presente nel testo dell’autrice, che si concentra piuttosto su una riflessione ecclesiologica e spirituale interna.
Un intreccio complesso: tra storia, Bibbia e mito
Ricca descrive questo intreccio come una sorta di destino incrociato. Il Cristianesimo, nato nel Vicino Oriente, è oggi una realtà globale, con espressioni culturali e spirituali che vanno ben oltre il perimetro europeo. Eppure, l’Europa — nata prima del Cristianesimo — ne è stata per secoli l’interprete e, spesso, il principale mediatore.
Per rendere più efficace questa complessità, Ricca sembra evocare due archetipi molto diversi tra loro:
- il rapporto difficile tra Ismaele e Isacco (Genesi 16), due fratellastri che rappresentano una fraternità mancata, fatta di rivalità e distanza;
- il ratto di Europa da parte di Zeus (Ovidio, Metamorfosi II), che suggerisce una relazione fondata su inganno e seduzione.
In entrambi i casi, emerge un’immagine di relazione squilibrata, ambigua, forse persino conflittuale. Chi incarna oggi l’Europa e chi il Cristianesimo? Non c'è una risposta, ma l'invito a tenere viva la tensione interpretativa.
Il cuore della proposta di Baral
Dopo aver delineato questo sfondo ampio, Ricca rientra nel testo e dialoga idealmente con l’autrice. Sottolinea con apprezzamento alcuni dei nodi centrali del libro:
- l’alfabetizzazione interiore, ovvero la capacità di dare nome a ciò che si agita dentro di sé;
- la critica alla superficialità del vissuto cristiano: assenza di meditazione, incapacità di articolare la fede, rifiuto del silenzio, indifferenza all’annuncio, sottovalutazione della gratitudine.
Particolarmente significativi, secondo il teologo, sono i capitoli 8 e 17: “La forza di essere minoranza” e “Il valore della gratitudine”. Due momenti chiave, che Ricca considera decisivi per comprendere la vocazione cristiana oggi.
Conclusione: una prefazione che parla anche a chi non legge il libro
In definitiva, la prefazione di Paolo Ricca ha una forza autonoma rispetto al libro che introduce. Non si limita a presentare l’opera, ma ne amplia la portata. È una soglia d’ingresso, ma anche una riflessione compiuta, capace di interrogare il lettore su temi che vanno oltre le pagine del libro.
Conferenza ONLINE
Mercoledì 7 maggio alle ore 20:30 dal canale YouTube: https://www.youtube.com/live/K4kNj1qnhkQ?si=OA6OLlvGyzGqLvM-
L'autrice sarà in dialogo con Andrea Demartini e Francesca Nuzzolese - modera Emanuele Campagna.
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