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La nostra storia

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La riforma in Italia

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Venerdì 6 maggio, alle ore 18.00, presso il nostro Centro, il prof. Lothar Vogel (docente di Storia del cristianesimo, Facoltà valdese di Teologia), parlerà su «La Riforma in Italia Ricerca spirituale, cenacoli, comunità».

Nel periodo in cui a Wittenberg e Zurigo inizia quel processo che siamo soliti chiamare la Riforma, l’Italia costituisce una realtà politicamente plurale (dal regno di Napoli, in mano alla corona di Castiglia e Aragona, passando per lo Stato pontificio fino alle signore settentrionali) e culturalmente vivace. In tutto il Paese ci sono cenacoli e accademie composte da persone che partecipano a un rinnovamento intellettuale che s’ispira alla riscoperta o della filosofia antica (Platone in particolare) o dell’autentica testimonianza biblica (l’“evangelismo”). Tutto questo, però, sempre all’insegna del rilancio di una religiosità “cattolica”, cioè universale, e leale verso la Chiesa. Non colpisce dunque che le prime manifestazioni di un influsso della Riforma sulla cultura italiana negli anni Venti e Trenta del XVI secolo sono costituite da letture, stampe e traduzioni, a diffusione capillare.

È possibile cogliere con una certa precisione rapporti fra i gruppi italiani e i Riformatori nei carteggi di Filippo Melantone e Martin Bucero. Questi, in particolare, disponeva di una rete di “fratelli italiani”, che egli stesso incoraggiava a non separarsi dal contesto sociale; anche perché, fra l’altro, considerava la frequenza della messa una occasione di testimonianza evangelica. In detto contesto si inserisce anche la presenza, a Napoli, di un cenacolo attorno al pio nobiluomo Juan de Valdés; il quale, formatosi sotto l’influsso della mistica degli “alumbrados”, funge da guida spirituale dei suoi discepoli.
Soltanto attorno al 1540, quando da un lato le Chiese evangeliche transalpine hanno già acquisito una struttura chiara e dall’altro lato la Chiesa cattolico-romana intraprende uno sforzo di eliminazione di tendenze ereticali (riorganizzazione del Santo Uffizio), questa situazione fluida assume profili più chiari: nel Veneto si formano delle vere e proprie comunità, influenzate da Bucero, che entrano in contatto diretto con i Riformatori di Wittenberg che saranno presto soppresse; sotto l’influsso di Calvino il “nicodemismo” è considerato insufficiente; la cerchia attorno a Valdés si scioglie e diffonde in tutta l’Italia e diversi dei suoi adepti scelgono la fuga al fine di professare liberamente la propria fede evangelica.

Diversamente dalla Francia, con cui gli sviluppi italiani fino a questo punto sono ben paragonabili, il campo evangelico è troppo esile e non ha appoggio politico sufficiente per affermarsi pubblicamente. Nonostante ciò, la soppressione delle realtà evangeliche in Italia impiegherà decenni e alla fine colpirà anche dei personaggi dell’ “evangelismo”, che si ritenevano buoni cattolici, pur senza allinearsi in tutto ai canoni del Concilio di Trento.